Ottobre 2025
Glendalis, di Angela Capetta. Pubblicato da L’Artiere. Con Angela Capetta e Gianluca e Gianmarco Gamberini
Scattate nei quartieri, nei campi e negli edifici del Lower East Side prima della gentrificazione, le foto ritraggono una famiglia che da più generazioni occupava una casa popolare in Stanton Street. La loro storia è raccontata attraverso una protagonista di nome Glendalis. Sono cresciuta in un sistema familiare simile al suo, circondata e abbracciata da un gruppo sempre presente di parenti e amici. Come me, era la più giovane e, proprio come me, sussurrava con la voce dell’ultima nata, la messaggera della famiglia. Questo lavoro è ispirato alle mie origini. L’ho sempre percepito come una ricerca della mia infanzia, ma anche dei temi più ampi della famiglia e della comunità, delle relazioni che una persona coltiva e di come queste si trasformano insieme a noi nel tempo.
Da bambina ero profondamente indipendente. Le differenze di età nella mia famiglia nucleare mi hanno permesso di crescere praticamente da sola, come una bambina selvaggia della generazione X. Ero circondata dalla mia enorme famiglia. Il più delle volte nessuno si accorgeva nemmeno della mia presenza. È importante sottolineare che, nonostante l’idea che io abbia creato una narrazione familiare beata nel realizzare questo progetto, come la mia, la realtà era ben lungi dall’essere serena. Gli indizi di ciò sono nascosti nelle immagini. Il crimine, la detenzione, le bande e la morte fanno parte della cultura di certi quartieri e nessuna famiglia è immune al loro trauma. Questo è qualcosa che ho imparato crescendo a New Haven, una delle città più segregate dal punto di vista razziale ed economico d’America.
Immergermi in un progetto è un processo imprevedibile e organico. A tal proposito, mia madre dice sempre che ogni relazione ha una ragione, una stagione o una durata che dura tutta la vita. Un fotografo va avanti, e così anche i suoi soggetti. La vita di un fotografo documentarista è un’impresa solitaria. Iniziamo i progetti alla ricerca di qualcosa, anche se, ammettiamolo, raramente sappiamo cosa stiamo cercando finché non lo troviamo.
Ogni artista lascia una parte di sé quando si dedica a un progetto. A sua volta, l’opera lascia le sue impronte sull’artista. È un processo cumulativo, e nulla di tutto ciò può essere cancellato: nessuna parte è quantificabile. Paragono lo sviluppo di un progetto all’imparare non solo a parlare, ma anche a scrivere, contare e sognare in una lingua precedentemente sconosciuta.
Angela Cappetta
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