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Il pianeta terra di notte. Vedere il mondo dall’alto. Ovunque l’umanità ha trasformato il paesaggio, illustrato dalle luci delle città che brillano nel buio. Il pianeta terra visto dalle sue profondità. Un’oscillazione selvaggia e spontanea. Istintivo. Organico. Ce qu’il reste non è una rottura. È un cambio di prospettiva, un movimento di va e vieni da una parte all’altra, ricordando che l’ambiente plasmato e controllato dall’uomo è anche fragile ed effimero. Alcune cose muoiono, altre appaiono. Trasformare. Rigenerare. Ce qu’il reste è un invito a viaggiare – nello spazio, ma anche nel tempo. Un viaggio attraverso le immagini create con una macchina fotografica. La fotografia stessa è spesso considerata come il mezzo dell’effimero. Ci mostra un momento che appartiene innegabilmente al passato, rivela i nostri passaggi in una realtà in continuo cambiamento, come una cicatrice che richiama i nostri ricordi: una metafora della fragilità dell’esistenza umana. Ma è quello stesso mezzo che alla fine conduce lo spettatore a un cambio di prospettiva, mostrando ciò che rimane quando gli stessi spazi vengono lasciati da coloro che un tempo li hanno abitati, con le loro storie individuali e memorie collettive. Lontano dal fermento degli uomini, nelle silenziose profondità della terra, un movimento imperturbabile e maestoso continua la sua lenta traiettoria intrapresa centinaia di milioni di anni fa. E forse per l’eternità.
Bénédicte Blondeau, Ce qu’il reste
XYZ BOOKS, 2019
Prima edizione di 450 copie
Editing di Tiago Casanova e Pedro Guimarães
Design di Joana Durães
20 x 28 cm
52 pagine
24 tavole duotone
4 tavole CMYK carta rame (stampa offset + serigrafia)
Copertina morbida
Inglese
ISBN 978-989-99063-9-6