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La notte del 9 ottobre 1963, 270 milioni di metri cubi di roccia, terra e detriti si staccarono dalle pendici del Monte Toc a cui erano aggrappati fin dalla preistoria. Una gigantesca frana, lunga oltre due chilometri e una delle più distruttive della storia dell’umanità, precipitò nel lago formato dallo sbarramento del fiume Vajont. L’acqua ha superato il limite di sicurezza dell’invaso, spazzando via le città e i villaggi circostanti: un’enorme ondata di 60 milioni di metri cubi di acqua e fango ha superato la diga e si è riversata sul fondovalle. Secondo le stime contenute nelle perizie depositate in tribunale, l’energia dell’onda d’urto prodotta dall’esplosione e dall’abnorme massa d’acqua convogliata nella valle del Piave è stata equivalente a quella di due bombe atomiche del tipo di quella sganciata su Hiroshima, ovvero circa 40 chilotoni di tritolo. La diga, completata nel 1959 e all’epoca la più alta del mondo, non subì danni rilevanti. La valle del Piave si trasformò in un lugubre paesaggio lunare, un’immensa massa di fango e detriti. Niente e nessuno riuscì a resistere alla furia della catastrofe. La potenza dell’esplosione e l’alluvione distrussero numerosi villaggi, uccidendo circa duemila persone.
Gianpaolo Arena, Marina Caneve, Céline Clanet,
François Deladerriere, Petra Stavast, Jan Stradtmann,
CALAMITA/À. An investigation into the Vajont catastrophe
Fw:books, 2024
Copertina morbida
512 pagine
23 x 31 cm