Yana Kononova, Radiations of War, 2025

La guerra non finisce quando il rumore delle esplosioni si affievolisce. Persiste, saturando il territorio, radicandosi nel silenzio dei paesaggi devastati. Radiations of War traccia questa persistenza, non come una documentazione, ma come un incontro con un territorio in cui il disastro non si conclude con l’impatto, ma continua a svilupparsi, trasformando la terra in testimone e archivio.

Cosa emerge quando il fronte si ritira? Le rovine non sono resti inerti, ma paesaggi in trasformazione, carichi di ciò che li ha attraversati. Queste immagini non sono semplici documenti, ma testimonianze di come la guerra si insinui nella topografia, di come la violenza si insedi nella terra e permanga nel peso dell’assenza.

Il termine radiazioni evoca la natura composita e inquinata dell’esperienza della guerra. Suggerisce più di ciò che l’occhio percepisce – un ronzio, un tremore – che altera il nostro senso dello spazio. Si muove attraverso la memoria, attraverso il corpo, oltre il corpo, attraverso le generazioni.

Qui la guerra non è né un evento né una catastrofe singola, ma un processo senza fine, che si irradia verso l’esterno, si propaga attraverso la terra, incidendosi a lungo dopo il momento della violenza.