Adele Marini, co-fondatrice della Libreria Marini e responsabile della sede a Roma
La Libreria Marini ha aperto a Roma nel 2018, ma ha una lunga storia alle spalle. Ci racconti qualcosa di più e come questa storia si intreccia con la tua passione per l’editoria fotografica contemporanea?
La Libreria Marini nasce in provincia di Bari nel 1993 con l’intento di condurre ricerche bibliografiche, promuovere e commercializzare prime edizioni di letteratura italiana e straniera, libri illustrati con opere originali, grafica d’arte, arte moderna e contemporanea attraverso edizioni rare e di pregio. Il mio personale apporto alla libreria, già avviata da mio padre e mia sorella, è stato soprattutto quello di indirizzare con convinzione e passione la nostra attività – attraverso il sito, le piattaforme online specializzate e i due negozi fisici – verso l’editoria d’arte e quindi anche quella fotografica. Volendo far capo ad un momento preciso, direi che la miccia si accese intorno al 2004 con l’acquisto di parte della collezione privata dei volumi fotografici di un grande del mondo dell’editoria italiana, Giorgio Lucini, storico stampatore milanese che attraverso la sua Officina d’Arte Grafica ha realizzato migliaia di libri con i più importanti grafici, designers, architetti, scrittori, pittori e scultori del mondo. Ritrovarmi con circa 1.500 volumi rari e storici di fotografia del Novecento è stata una folgorazione: in un colpo solo ho avuto la possibilità di attraversare la storia della fotografia mondiale attraverso libri mozzafiato che ho personalmente catalogato e fotografato e poi messo in vendita con grandissimo dolore! Ogni pezzo che ci lasciava era per me una separazione “traumatica”. Il punto di partenza è stato davvero privilegiato: ho potuto formare il mio sguardo sui grandi classici in prima edizione. Da Life is good & good for you in New York di William Klein, Les parisiens tels qu’ils sont di Robert Doisneau, Images à la sauvette di Henri Cartier-Bresson, I travestiti di Lisetta Carmi, Kodachrome di Luigi Ghirri, insieme a una vastissima saggistica legata al mondo della fotografia, indispensabile per la creazione di una “coscienza” visiva. Da lì in poi la passione si è autoalimentata attraverso una sorta di fame bulimica che ci ha condotti, allargando la sezione dei fotolibri storici anche all’editoria contemporanea e più sperimentale, fino ad avere oggi circa 10.000 titoli di fotografia.
Qual è secondo te l’importanza e la funzione del libro fotografico nella scena artistica contemporanea?
Penso che la funzione del libro fotografico oggi sia quella…di qualsiasi altro libro! Mi sembra che nei confronti dell’editoria fotografica si facciano troppi distinguo, troppi “a sè”, come se si trattasse di un mondo chiuso che vive di regole proprie, slegate da quelle che regolano qualsiasi altro tipo di editoria (politica, artistica, letteraria, ecc). Il rischio è quello di creare per la fotografia un microcosmo slegato dal resto delle norme e considerazioni valide per la bontà di tutti gli altri libri, che a mio avviso non devono mai smettere di considerare come elementi imprescindibili la funzione e la necessità del libro. La funzione di un libro è quella di narrarci il mondo. La fotografia ha un gran vantaggio, paragonabile forse solo a quello della poesia, ossia quello di essere immediata e difficilissima allo stesso tempo. Veloce perché si fonda su uno scambio istantaneo tra chi realizza immagini racchiudendole tra due copertine sotto forma di libro, e chi ne fruisce. Complicato perché l’interpretazione e la lettura di un libro fotografico coinvolge (quando il libro ovviamente è un libro ben fatto) non soltanto lo sguardo ma, dopo il cortocircuito iniziale, una serie di riflessioni profonde che innervano molteplici ambiti e conoscenze. Inoltre la funzione del libro fotografico, ma direi di tutti i libri, credo sia quella di rivelare una verità, anche parziale come può essere quella di un singolo, maturata con lentezza e riflessione, fino a che diventa, nella testa e nel cuore dell’artista, un’urgenza e una necessità da condividere ad ogni costo. Ecco se questa spinta iniziale non c’è dubbio che il fotolibro possa avere un senso. D’altronde è come per la lettura di una poesia o di un romanzo. Molti si dimenticano in fretta, pochi si ricordano per tutta la vita.
Quali sono alcuni dei libri che ricorderai per tutta la vita? Facciamo un gioco: un romanzo, un libro di poesie, un libro d’arte, uno più specificamente fotografico e uno che non assoceresti a nessuna di queste categorie o a più d’una insieme.
Per quanto riguarda i libri che ricorderò per tutta la vita….
Un romanzo: La montagna incantata di Thomas Mann (senza dubbio!)
Un libro di poesie: tutte le raccolte di Emily Dickinson (qualsiasi va bene)
Un libro d’arte/Libro d’artista: Apocalissi e sedici traduzioni di Lucio Fontana e Giuseppe Ungaretti (il libro coi buchi fatti a mano da Fontana accompagnati dalle poesie del poeta)
Un libro fotografico: Gli esclusi di Luciano D’Alessandro (per l’umanità e la dignità insuperabili)
Un libro in generale: sai che ti direi?!? Fuori ogni testo e contesto che mi appartiene The Book of Kells. Sono stata ore ad ammirarlo al Trinity a Dublino. Una cosa fantastica, sorprendente, senza pari.
Secondo quali criteri selezioni i libri per la libreria?
I libri entrano a far parte della grande collezione della libreria quando oltre all’elemento estetico (ed estatico) si unisce ricerca del nuovo e appunto come spiegavo prima, senso di urgenza: ho un messaggio e lo devo comunicare, cercando di farlo al meglio perché non posso più trattenere quello che ho da dire e da dare agli altri. Ecco secondo me gli autori dovrebbero sempre muovere da qui, che si tratti di un reportage, di una storia personale, di una ricerca puramente sperimentale o astratta. Se non c’è un elemento di verità si sente subito. Il libro suona falso. O peggio diventa solo uno dei tanti elementi destinati ad ingrossare le fila del settore, assecondando quella moda o quell’altra tendenza.
Cosa ti ha spinto ad aprire la sede romana e qual è la vostra relazione con la città e più specificamente con il quartiere dove è situata la libreria?
L’apertura della liberia è nata da un’esigenza del tutto personale. Trenta anni fa l’attività libraria si svolgeva attraverso i cataloghi cartacei, spediti dai librai ai collezionisti di tutto il mondo, “elenchi” non soltanto di vendita di volumi più o meno rari, ma veri e propri concentrati di studio e approfondimento intorno ai libri proposti. La pubblicazione dei cataloghi da parte dei librai antiquari delle associazioni di cui anche noi facciamo parte (A.L.A.I. Associazione Librai Antiquari d’Italia e I.L.A.B. International League of Antiquarian Booksellers) era una specie di piccolo “evento” cui si attendeva con trepidante attesa. C’erano telefonate interminabili tra noi e i vari clienti (ricordo ancora una lunga telefonata con Giulio Einaudi alla ricerca dei suoi primi libri) per spuntarla su un prezzo o avere descrizioni minuziose sui volumi. L’avvento di internet e del commercio online ha poi rivoluzionato il modo di diffondere e commercializzare i libri nel giro di pochissimi anni, raffreddando gli scambi e i rapporti umani. Aprire uno spazio fisico, dopo che la nostra attività si era svolta per quasi trent’anni attraverso contatti non diretti, era diventato davvero un bisogno. E oggi dopo cinque anni dall’apertura della sede romana al Pigneto mi piace pensare che la libreria sia un luogo di scambio e incontro tra persone, che combatte la mercificazione e la turistizzazione spietata del quartiere. Ed è bello che qualcuno, che magari ci conosceva da anni attraverso lettere e mail, venga in libreria a stringerci la mano.
Cosa suggeriresti a un* giovane student* appena arrivato in città?
Il primo e più importante consiglio che mi sento di dare a uno studente che abbia deciso di dedicarsi alle arti visive è di essere curioso verso libri, fotografia, arte presente e passata, monumenti, natura e tutto ciò che al mondo costituisce bellezza. Non esiste solo l’editoria fotografica. Esiste il mondo variegato e immenso dei libri. La fotografia da sola non basta. Bisogna allargare lo sguardo affinché non sia confinato entro spazi limitati e limitanti. D’altronde mi sembra che nel maremagnum che costituisce l’editoria fotografica contemporanea molte case editrici stiano oggi aprendo le loro porte all’illustrazione, alla pittura, alla ceramica e alle arti visive in generale, mescolando e contaminando i generi. Chiudere il mondo dei libri fotografici in un’oasi a sé stante e autoreferenziale non può che renderlo asfittico, eliminando ciò che costituisce il dono più grande dei libri, ossia liberare la mente e allargare gli orizzonti.