Erik Kessels, IN ALMOST EVERY PICTURE 16, 2020

Ci piace battezzare le nostre cose: i nostri figli, le nostre barche, una nuova casa. Spesso festeggiamo quando usiamo qualcosa per la prima volta, per segnare l’occasione e la sua comparsa nella nostra vita. Ci sono modi tradizionali per farlo, e poi i riti di passaggio personali, non così familiari, che creiamo per noi stessi e per le nostre cose. Nel 1965, Noud e Ruby decisero di dare un tocco di classe al loro salotto. Rinnovarono il camino optando per un design conico della metà del secolo scorso che ricorda un cappello da strega. La seconda nuova aggiunta fu un divano; un pezzo angolare imbottito in una tonalità elegante di velluto beige. Non un design ad angolo retto, ma una curva morbida e sensuale che serpeggiava intorno all’angolo della stanza. Per non parlare del fatto che aveva nappe. Non sorprende che Noud e Ruby fossero entusiaste del loro soggiorno rinnovato e volessero battezzarlo da sole… Le loro nuove migliorie alla casa prepararono la scena per quella che divenne una sincera ed erotica collaborazione tra Noud e Ruby che è durata quasi 10 anni, documentando moda e fantasia fantasia e alla fine ci spinge a chiederci: chi siamo noi dietro le porte chiuse e quali lati della nostra identità scegliamo di nascondere, anche se ci danno piacere e soddisfazione. Queste immagini non sono mai state pensate per essere rivelate oltre le pareti del loro salotto, eppure ora le abbiamo davanti agli occhi. E questa è una delle cose meravigliose della fotografia: ci dà il controllo sulla nostra eredità, su come vogliamo essere ritratti e su quale impronta di noi stessi vogliamo lasciare. Attraverso la macchina fotografica di Noud, Ruby diventa una star al centro della scena. Eppure, in quasi tutte le immagini, le ripetute performance del divano e del camino li elevano allo status di co-protagonisti. Questi personaggi inanimati non hanno bisogno di dire nulla perché la loro presenza è sufficiente, perché dove sarebbe Ruby senza di loro?