Eugenia Delfini, fondatrice della Galleria Eugenia Delfini

Raccontaci di te e della tua storia

Mi sono formata e ho lavorato principalmente a Roma, Venezia e New York. Sono di Roma e ho quel tipico carattere pratico, determinato e simpatico tipico dei romani di una volta. Sono una trasformista, nel senso che pur di prendere parte al gioco, prendo forme diverse in corrispondenza con le città in cui abito. A Venezia co-fondai Sottobosco, uno spazio no profit, a New York lavoravo per i musei, a Roma ho aperto una galleria. In sostanza, ogni volta agisco in risposta a un contesto e sfruttando le risorse e modalità in cui meglio funziona la città in cui vivo.

Galleria Eugenia Delfini, ph. Carlo Romano

È interessante pensare di associare Venezia a uno spazio no profit, New York ai musei e Roma a una galleria: perché pensi che il no profit possa funzionare meglio a Venezia e il format galleria meglio a Roma? E perché i musei a New York?

Diciamo che questa mia risposta ha avuto anche a che fare anche con il momento storico che stavo vivendo. A inizio percorso è giusto darsi tempo di sperimentare, per cui mentre studiavo allo IUAV a Venezia, ho iniziato anche a provarmi con la mia associazione e questo è potuto accadere perché in Veneto in quel momento c’era la possibilità di trovare finanziamenti privati e pubblici. Sono poi riuscita a lavorare per i musei a NY (The Drawing Center e Guggenheim le esperienze più lunghe) e ho cercato in tutti modi che ciò accadesse perché sognavo di lavorare all’interno di team curatoriali allargati (al Guggenheim eravamo 14!) e in sistemi corporativi che sapevo non avrei potuto ritrovare in Italia. Infine, ho scelto di aprire una galleria a Roma, non tanto perché il mercato o le gallerie sono il formato istituzionale che funziona meglio in città, ma nella speranza di contribuire a favorire un mercato in espansione in una città dove c’è ancora margine di azione su questo fronte e che desidera essere al pari di altre capitali. 

Queste tue prime esperienze come hanno contribuito a creare un background funzionale ad aprire una galleria a Roma?

Tutto ha contribuito, a volte si suppone che la cosa migliore sia perseguire la massima specializzazione, invece, io credo molto nella esperienza allargata e su più fronti qualora sia possibile. Oltretutto l’arte ha a che fare tantissimo con i contesti, per cui per me lavorare per istituzioni sia di dimensioni che con scopi diversi ha permesso di accrescere la mia visione strategica su come presentare e promuovere al meglio un artista piuttosto che un altro.

Rebeca Pak, Bar Somente Hoje, ph. Alberto Costanzo

Quali sono le sue peculiarità della tua galleria?

Le caratteristiche principali sono due: la prima è che la galleria è gestita da una “curatrice gallerista” per cui le mostre sono curate, non sono semplicemente allestite; la seconda è che l’arte selezionata è di ricerca e tendenzialmente è sempre un’indagine sul presente, non è mera illustrazione o formalizzazione.

Lavori molto con la fotografia, come si intreccia questa pratica con altre pratiche artistiche all’interno della tua galleria?

Photography is the new painting! 🙂 Si intreccia benissimo, ho una video artista (Erin Johnson) che produce spesso e volentieri anche fotografie; una artista sarda (Narcisa Monni) che dipinge spesso su carta fotografica e polaroid: una artista (Rachele Maistrello) che ha scelto la fotografia come mezzo per costruire nuove narrative; un altro (Nicolò Degiorgis) infine che la usa per mappare, studiare comunità e le trasformazioni sociali. Nessuno di loro si definisce fotografo/a.

Osservazione più che giusta che mi fa ricordare a come nella quotidianità tendiamo a banalizzare una pratica artistica associandola a un mezzo. Tuttavia, a livello di mercato la fotografia si posizione differentemente da altri linguaggi, se non fosse che per la questione delle edizioni. Come hai trovato il mercato romano?

Nicolò Degiorgis, mostra personale, ph. Carlo Romano

Il mercato di collezionisti di Roma è troppo variegato per essere sintetizzato con due parole, diciamo che le mostre che ho aperto fino ad ora sono state recepite con entusiasmo ma anche una bella dose di sorpresa!

A proposito di Nicolò de Giorgis e della tua attività di curatrice gallerista, hai da poco presentato un suo lavoro ad Artissima, ti va di raccontarci qualcosa di più di questa esperienza e di come hai deciso di strutturarla?

Ad Artissima, Degiorgis ha presentato una grande installazione a muro composta da 44 cornici (Peak) che disvelava la bellezza effimera dei paesaggi montani alpini che tracciano il nostro confine geologico con il resto dell’Europa, dei multipli, un lightbox che rivisita un olio su tela di Fortunato Depero e una serie fotografica (The Art of Camouflage) che apre una riflessione sulla presenza dell’esercito dentro e fuori la società civile. L’intento era quello di presentare Nicolò per quello che è davvero, ovvero un artista impegnato e di ricerca dalla grande capacità di sintesi e dal raffinatissimo gusto estetico.

Che futuro vedi per la fotografia?

Trovo interessante il lavoro di costruzione dell’immagine tramite Photoshop o altri software alla Lucas Blalock per intenderci, che non esclude comunque l’utilizzo più tradizionale della camera.

Cosa suggeriresti a un giovane studente appena arrivato in città?

A chi desidera lavorare come artista consiglio sempre tre cose: 1) lavorare in uno studio condiviso con altri artisti; 2) visitare le istituzioni e partecipare agli openings; 3) costruire relazioni durature con curatori, critici e giornalisti.

Una mostra che hai visto ultimamente a Roma e un libro che ti è stato d’ispirazione e che suggeriresti di leggere.

Per quanto riguarda la mostra consiglierei di andare a vedere il lavoro che stanno facendo al Museo delle Civiltà all’EUR dove stanno riorganizzando la collezione museale con nuovi criteri curatoriali e dove c’è anche una piccola mostra della mitica Bertina Lopez. Per il libro ce ne sono troppi! Magari perché meno scontato suggerisco la piece teatrale Il Marinaio di Fernando Pessoa, in cui tre donne, durante una veglia funebre, si raccontano delle storie e tra queste c’è ne è una di un marinaio che, durante i lunghi giorni di navigazione, aveva creato con la sua fantasia un mondo che ancora non esiste, un’isola dove il suo pensiero aveva disegnato le strade, le case, i moli del porto, gli abitanti e i loro comportamenti. 

Galleria Eugenia Delfini