Francesca Fabiani, Responsabile Fotografia Contemporanea, ICCD

La vocazione alla documentazione del patrimonio paesaggistico e culturale italiano ha trovato da sempre nel mondo delle pubblicazioni una fonte molto importante di ricerca, dagli albi fotografici alle prime riviste. Questo patrimonio ha modo di essere consultato in una delle biblioteche più interessanti della città, che oltre alla dimensione storica è anche attenta alla cultura visiva contemporanea. Ci puoi raccontare qualcosa di più delle collezioni della biblioteca?

Il patrimonio librario dell’ICCD, consistente in oltre 25.000 volumi, si è andato formando di pari passo con la costituzione della collezione fotografica, cioè per lo più insieme ai nuclei acquisiti dal Gabinetto Fotografico Nazionale. Per chi non lo conoscesse, è utile ricordare che oltre alla produzione “interna” frutto di campagne fotografiche su territorio e patrimonio culturale avviate a partire dal 1895 con fini di tutela e mappatura, la collezione del GF si è andata costituendo anche attraverso lasciti, donazioni o acquisti di archivi provenienti da fotografi che dismettevano la propria attività, fototeche di studiosi di archeologia e storia dell’arte, collezioni di intenditori e appassionati. Spesso queste raccolte private erano accompagnate da biblioteche tematiche, focalizzate sulla storia e la tecnica della fotografia, con alcuni “pezzi rari” e riviste d’epoca davvero notevoli, come i primi numeri di Progresso Fotografico, i libri di tecnica del fondatore  Rodolfo Namias e quelli di ottica di Désiré van Monckhoven di fine ‘800. A questi raccolte si sono poi aggiunti altri importanti insiemi bibliografici, come quelli provenienti dalle biblioteche delle Soprintendenze sul territorio. 

Parlando più specificamente dei libri fotografici, qual è la relazione della biblioteca con l’attività espositiva?

Oltre al nucleo storico, nel tempo la biblioteca è stata implementata anche attraverso acquisti mirati. In particolare, da quando l’Istituto ha avviato la programmazione sul contemporaneo, la raccolta è stata arricchita con saggi, monografie, cataloghi e altri testi che aiutano a inquadrare la propria attività culturale nel contesto di riferimento.   

La relazione della vostra istituzione con la fotografia, anche contemporanea, è da sempre molto forte e ha visto l’ICCD promotore di interessanti pubblicazioni legate a progetti che avete promosso ad hoc.

L’eredità del GF è impegnativa. Larga parte delle nostre risorse (economiche e umane) è impiegata per conservare, studiare, valorizzare, promuovere e rendere fruibile l’immenso patrimonio conservato (parliamo di circa 6 milioni di oggetti fotografici). Ma dare lustro a un’istituzione prestigiosa come il GF significa anche non perdere lo spirito iniziale, che fu di grande lungimiranza, modernità e aderenza sul presente. Rinnovare oggi quella vocazione significa dunque guardare al presente con la stessa apertura mentale, introducendo nella collezione ricerche fotografiche che con quella tradizione dialogano. Penso sia all’evoluzione della fotografia di documentazione – oggi più che mai strumento complesso e raffinato di indagine sul reale -, sia all’archivio stesso, come insieme da interrogare criticamente grazie all’intervento dei fotografi.

Libro di Nicola Nunziata, Album

Come si intrecciano fotografia ed editoria all’interno delle vostre attività?

L’attività editoriale è sviluppata in relazione ai progetti che deve raccontare. Si va da libri ‘enciclopedici’ frutto di studi approfonditi sui singoli fondi, autori, contesti o temi legati alla collezione, a cataloghi che restituiscono progetti di committenza attuali, ai libri d’artista. Ci siamo molto interrogati su quale strada intraprendere per dare coerenza ai nostri prodotti. Per un’istituzione è forte la tentazione di realizzare volumi seriali, che possano rafforzare la propria identità visiva, la propria riconoscibilità, imponendo una stessa veste grafica o creando “collane” editoriali. Non funziona. Ogni progetto editoriale deve rispettare la natura del lavoro e degli autori che presenta, anche a scapito della riconoscibilità del “committente”. Ad esempio per quanto riguarda le residenze d’artista (ogni anno ICCD invita un fotografo a dialogare con le collezioni storiche) abbiamo potuto verificare quanto sia incompatibile l’utilizzo di una veste grafica prestabilita con la presentazione di lavori così diversi tra loro. La scelta naturale è stata quella di realizzare dei libri concepiti assieme all’artista, che rappresentano la naturale prosecuzione del suo lavoro. In altri casi, come ad esempio per i progetti di committenza collettivi che come è ovvio raccolgono autori e lavori fotografici molto diversi tra loro e hanno apparati testuali più consistenti, è stato necessario introdurre una struttura grafica più incisiva che potesse contenere e armonizzare i vari elementi. Poiché quasi tutti i progetti vengono poi presentati attraverso attività espositive in sede o fuori sede, normalmente  l’identità visiva sviluppata per la pubblicazione viene utilizzata (o richiamata) anche nella grafica in mostra, nei prodotti divulgativi, nella comunicazione  social etc. Insomma, niente schemi a priori. Ogni progetto porta con sé lo studio e lo sviluppo di una grafica, una veste editoriale, un format coerente con la natura del progetto stesso e frutto di scelte condivise con l’artista e del fondamentale apporto dei grafici e dell’editore.

Cosa suggeriresti a un giovane studente appena arrivato in città?

Di seguirci su #iccdfotografie e di venire a trovarci in sede!

Biblioteca ICCD