L’Amazzonia è molto più di un fiume. È l’apparenza visibile, infinitamente ricca di analogie, della realtà delle cose. Questo sembra ovvio, quando i linguaggi poetici intervengono a descrivere la realtà, quest’ultima perde la sua acutezza documentaria e si converte in fantasia creativa, soprattutto nel senso specifico che il fiume incarna l’essenza ironica e cupa dell’universo.
Ho contemplato questo fiume e i suoi affluenti a piccole dosi e a piccoli passi, perché come un bambino timido, mostrava solo la sua epidermide; questo l’ho trovato irritante.
Ma viaggiare con tanta calma significava che tutto ciò che mi circondava restava nascosto finché il fiume stesso non vomitava tutti i suoi “splendori” lungo i suoi vari tratti: giramondo, mendicanti, predicatori, aborigeni ubriachi, capisquadra in rovina, politici minori, taglialegna, monaci, soldati, prostitute malinconiche … trovo strano che la bella immagine di questo fiume, sia in realtà una bellissima imperfezione. E Fordlândia, il tentativo di Henry Ford di trasformare la giungla in una fantasia del Mid West americano, è l’imperfezione perfetta: un perfetto fallimento dell’American Way of Life.